infezione di protesi

INTRODUZIONE

I progressi medici, scientifici e tecnologici, unitamente al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, hanno consentito a un numero sempre maggiore di individui di raggiungere età più avanzata. L’aumento dell’aspettativa di vita, associata ai continui miglioramenti delle tecniche chirurgiche e delle caratteristiche dei biomateriali impiantabili, ha portato a un esponenziale incremento degli interventi sostitutivi, come quelli di protesizzazione.

EPIDEMIOLOGIA

I dati della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia rivelano che ogni anno solo in Lombardia si effettuano circa 31.000 impianti di protesi d’anca, 22.000 di ginocchio (Progetto Registro Italiano ArtroProtesi, terzo report 2016). Molte infezioni del sistema muscolo-scheletrico sono infezioni correlate al biofilm. Il biofilm si sviluppa sulle superfici dei materiali impiantabili o su tessuti non vitali (per esempio i sequestri ossei nelle osteomieliti). Come regola, per un concetto curativo, l'osteomielite cronica o l'infezione ossea associata all'impianto devono essere trattate con una combinazione di chirurgia e terapia antimicrobica.

Le infezioni legate all’impianto di una protesi articolare rappresenta una grave complicanza in chirurgia protesica ortopedica. Essa richiede un approccio multidisciplinare per assicurare la corretta gestione clinica dell’evento infettivo. Il tasso di infezione per le infezioni di protesi è pari a 0.85-2.2 % ma aumenta notevolmente in caso di reimpianto. Diversi studi hanno messo in evidenza come nell’immediato futuro il numero di casi di infezione protesica è destinato ad aumentare notevolmente. Questo perchè con l'invecchiamento della popolazione aumenta l’incidenza della popolazione a rischio come diabetici e obesi. Inoltre il miglioramento delle procedure chirurgiche porta ad un aumento del numero degli interventi di protesi articolare e quindi con esso può aumentare il numero di infezioni protesiche.

INTERVENTI CHIRURGICI DISPONIBILI

E' importante allora selezionare accuratamente la strategia chirurgica curativa ottimale per ciascun paziente prima dell'intervento sulla scorta della clinica, degli esami di laboratorio e degli accertamenti radiologici specifici.

L'infezione peri-protesica può essere affrontata con tecnica chirurgica two-stage (in 2 tempi) che prevede un primo intervento di rimozione della protesi infetta con l'impianto di uno spaziatore antibiotato. Successivamente il Paziente andrà in contro dopo un periodo di circa 2-3 mesi al reimpianto protesico. Questa procedura ha un alto tasso di eradicazione dell’infezione.

Esiste poi il debridement con ritenzione dell’impianto (DAIR) che ha un tasso di successo più basso. La lunga durata dei sintomi, la presenza di una fistola e le infezioni sostenuti da batteri multi-resistenti agli antibiotici spiegano i bassi tassi di guarigione del DAIR. Al contrario, pazienti con infezione peri-protesica ematogena acuta o post-operatoria precoce (entro 3-4 settimane dall'insorgenza dei sintomi o dall'intervento) con una buona situazione dei tessuti molli possono essere trattati più efficacemente con il DAIR.  La revisione in 2 tempi (two-stage) è attualmente il gold standard, ma è associata a più operazioni, ospedalizzazione prolungata e funzionalità ridotta.

Esiste infine la tecnica one stage (revisione in 1 tempo). Questa è possibile se si conosce il germe responsabile dell'infezione e presenta risultati simili alla procedura in 2 tempi. In questo caso è previsto un singolo intervento di rimozione dell'impianto abbinato ad una bonifica chirurgica accurata e reimpianto protesico. Il tutto in un unico intervento. L'impianto può essere protetto con un rivestimento antibatterico o con cemento antibiotato per abbassare il rischio di recidiva di infezione. La tecnica one stage ha i vantaggi teorici di una singola anestesia, ospedalizzazione più breve, meno costi e funzionalità migliore. La scelta della gestione chirurgica ottimale dovrebbe essere scelta individualmente secondo un algoritmo razionale. La possibilità di guarigione complessiva con tecnica in 1 tempo è dell'80-95%.

Spesso cattive condizioni della cute sovrastante l'impianto protesico richiedono l'intervento combinato del Chirurgo Plastico. Egli è in grado, nello stesso intervento e a seguire il tempo dell' intervento ortopedico, di garantire la copertura dei tessuti molli attraverso un intervento ricostruttivo che prevede  l'allestimento di un lembo perforante, fascio - cutaneo o muscolare secondo l'opportunità del caso.

Protesi esposta ed infetta